Sono immerso in un progetto di scrittura creativa collettiva molto intenso, un gioco di ruolo fatto a posta per inventare storie succulenti, piene di aneddoti saporiti e situazioni esilaranti. Ne verrà fuori a breve un libro, che verrà pubblicato dalle Edizioni Willoworld. Fino ad allora, non dirò altro. Purtroppo questo esperimento mi porta via quasi tutto il tempo e per questo motivo ho dovuto interrompere la programmazione del mio blog personale e di Rivoluzione Creativa, la community che sposa la filosofia del copyleft. Ma è solo una pausa…
Nel frattempo mi sono fatto, come un po’ tutti, lo smartphone, uno strumento che ho trovato subito molto interessante quando viene utilizzato in maniera creativa. Un modo come un altro per usarlo, tra una passeggiata nel parco e un viaggio in treno, è sfruttare le applicazioni fotografiche e accompagnare il tutto con una manciata di parole battute sulla minitastierina, un’operazione apparentemente impossibile, ma ci si abitua a tutto…
Ne nascono mini-racconti, piccoli quadri di vita che raccontano qualcosa, uno stato d’animo, un pensiero o anche solo l’ombra di un’idea.
L’uomo albero aveva occhi profondi come lo stagno dal quale si abbeverava, grazie alle sue lunghe radici che da secoli ormai penetravano la terra di quella foresta. Uscì fuori nella sua forma di uomo da una macchia di rovi, leggero come una foglia, mi sorrise e si accomodò su una panchina, al lato del sentiero. Indossava pantaloni di jeans e una giacca marrone a coste. – Ti vedo spesso passare di qua – mi disse, un sorriso come un taglio nella pelle rugosa che ricordava la dura corteccia.
– Si, è vero. Vengo qui a cercare le giuste domande – risposi, le mani in tasca e il naso all’erta.
– E scommetto che le risposte le sai già.
– Le risposte mi hanno sempre interessato meno delle domande…
Il sole venne oscurato da una nuvola. La tramontana si alzò. Un brivido percorse la mia schiena.
– È già tempo di dare al vento le mie foglie, – constatò l’uomo albero.
– La cosa ti rattrista?
– E perché dovrebbe? Torneranno in primavera, più verdi che mai.
La superficie dello stagno increspata dal vento, il lamento di un corvo, un tuono in lontananza.
Tutte cose che facevano fremere le mie appendici.
– Ma davvero ritorna tutto? – chiesi, pensando all’inverno.
– È una delle tue domande?
– Beh, si…
L’uomo albero si passò una mano tra i capelli, grigi e ritti come un cespuglio, continuò a sorridere e rispose: – Prima o poi… Tutto ritorna…
Ma per i miei gusti, anche quella risposta poteva aspettare.
Aglio, cipolletta e capperi soffriggevano allegramente nell’olio extravergine d’oliva. Accanto le farfalline sguazzavano nella pentola d’acqua bollente.
– Allora, com’è finita con quella tipa? – chiese Guido, iniziando ad affettare i pomodori a dadini.
– Siamo diventati amici… – spiegò Gianluca, impegnato ad aprire una bottiglia di Vernaccia.
Guido alzò gli occhi dal tagliere e sorrise. – Come se fosse davvero possibile…
– Perché no?
– Perché te sei caruccio e lei è una bella fighetta, e vi piacete, perciò ci sono tutti gli ingredienti per ritrovarvi sotto le lenzuola.
– Tu credi?
– Bastano un paio di bicchieri in più e la giusta situazione e poi vedrai che fine fa la tua amicizia.
Guido rovesciò i pomodori tagliati sul soffritto dorato, salò con cautela per via dei capperi e spezzò alcune foglie di basilico sulla salsa. Le farfalle erano quasi giunte a cottura.
– Quindi non credi che un uomo e una donna che si piacciono possano solo essere amici? – chiese Gianluca, versando il vino nei calici.
Guido assaggiò il sugo sulla punta del mestolo, schioccò la lingua approvando e si volse per prendere lo scolapasta.
– No, non ci credo.
Eppure era così, pensò Gianluca. Con Michela non ci sarebbe stato altro, perché riusciva a vederla per quello che era, e vedeva anche molte altre cose. In verità, non aveva mai visto così chiaramente in tutta la sua vita. Ma questo non lo disse a Guido, che era un ottimo cuoco, ma che per certe cose aveva la sensibilità di un cane in calore.
Mi sono seduto insieme a me.
Mi sono accorto che non ero io, in realtà. Per troppo tempo mi sono vestito come lui, ho guardato attraverso i suoi occhi e parlato la sua lingua. Il suo mondo era anche il mio.
Abbiamo dormito insieme nello stesso letto, mangiato lo stesso cibo, e amato nel modo in cui a lui sembrava più giusto. Il suo unico modo di amare…
Sulla panchina del parco io mi sono seduto insieme al mio vecchio io, in un giorno di autunno. Poi lentamente mi sono alzato e gli ho detto “Addio!”