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Archivi categoria: RIFLESSIONI

I CODICI

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Vorrei scrivere dei raccontini mistici ambientati a Soul City riarrangiando alcune piccole storie di spiritualità.

486671_10200747761527802_1742235146_nSeymour Gallagher ebbe un sogno profetico quella notte. La mattina dopo avrebbe incontrato per caso, in uno dei tanti malfamati vicoli dello Sprawl, un monaco dalla pelle color ebano e gli occhi come due smeraldi. Tatuati sul suo bicipite destro vi erano i codici per accedere ai conti correnti digitali della Simbat, colosso tecnologico di Soul City. Quei codici avrebbero di certo reso Gallagher l’uomo più ricco della costa.
Al suo risveglio il traveller non seppe dire se il sogno fosse stato di tipo naturale oppure indotto dalla matrice. La cosa lo turbò, perchè scoprire la fonte di un’esperienza onirica era uno scherzo da netrunner alle prime alle armi, e lui era decisamente esperto nelle arti della console. Era come se in qualche modo quel sogno fosse pervenutogli dall’esterno, e per questo motivo lo prese molto sul serio.
Avvolto nella sua felpa hoody, uscì nella pioggia finissima (probabilmente acida) di Misty Avenue, scansando abilmente con le sue sneaker nuove le pozzanghere formatesi durante la notte. Il vicolo lo aveva riconosciuto al volo e distava non più di dieci minuti dalla suo appartamento. Coprì la distanza in meno della metà del tempo, si appostò in fondo alla strada e attese, perchè non aveva di meglio da fare quel giorno, e forse di lì a poco sarebbe davvero diventato l’uomo più ricco di Soul City.
Il monaco non si fece attendere molto. Apparve in lontananza, un’ombra appena delineata nella pioggerella insistente. Seymour si avvicinò, non ben sapendo cosa dire. Lo colpì lo sguardo di quel gigante nero, vestito con un lungo soprabito marrone che ricordava più una tunica rituale che un impermeabile, e una croce d’oro scintillante sul petto. Aveva occhi verdi e innaturali, ed una pace antica sul volto.
– Tu hai codici, vero? – riuscì a dire balbettando il traveller.
Il gigante non rispose. Forse era muto. Forse non aveva bisogno di parlare. Fece un cenno con la testa, l’espressione del volto sempre uguale, e lentamente si alzò la manica del soprabito, mostrando un muscolo teso e gonfio, su cui spiccavano una serie di numeri e cifre e codici cirillici in sequenza. Seymour mise a fuoco quel braccio con la telecamera innestata nella sua pupilla destra e copiò la password con un semplice battito di ciglia.
– Grazie! – fu tutto ciò che riuscì a dire, prima di scappare da dove era venuto, certo di essere ormai in possesso della chiave per la felicità.
Seymour Gallagher riuscì ad accedere per davvero al conto della Simbat. Quello stesso giorno traseferì quindici trilioni di crediti su un conto criptato di un isoletta dei Caraibi, e a sera aveva già provveduto a farsi rilasciare un pass per accedere all’aereporto di Soul City. Due giorni più tardi si trovava su una delle spiagge più bianche del mondo, a sorseggiare un cockail con ananas e cocco non sintetici in compagnia di due splendide ragazze.
Dopo un anno di quella vita in cui aveva provato di tutto e di più, tornò al suo appartamento nello Sprawl, depresso ed avvilito. Tutti i soldi che aveva rubato non erano riusciti in nessun modo a colmare il vuoto che aveva dentro, anzi quel vuoto adesso era raddoppiato. E quella prima notte nel suo vecchio letto, tra il disordine e la polvere accumulatasi durante il tempo trascorso, ebbe un altro sogno: lo stesso monaco sarebbe passato il giorno dopo, nel medesimo vicolo.
Seymour si alzò all’alba e scese in strada, Quel giorno era una giornata di sole, ma nello Sprawl quasi non si notava, Raggiunse di corsa il luogo dove sapeva sarebbe avvenuto l’incontro, ed aspettò. Anche questa volta il monaco non si fece attendere. Era vestito come l’altra volta, e aveva sempre la stessa beata e pacifica espressione sul volto. Gallagher gli si avvicinò, anche se non sapeva bene cosa dirgli. Attese, un piccolo uomo disperato al cospetto di un gigante buono, che forse era muto.
Invece parlò.
– Posso fare ancora qualcosa per te? – chiese, con una voce da baritono.
– Non saprei… – rispose Seymour. – Mi chiedo quale ricchezza vi renda così sereno, e capace di rinunciare a tutto il denaro di quei codici. Come posso riuscire ad ottenere lo stesso vostro sguardo?
– Non esistono codici per ciò che chiedi, uomo. – E detto ciò, tornò da dove era venuto, un’ombra nel vicolo più buio di Soul City.

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LA LISTA DELLA SPESA

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La velocità con cui Sabrina muove le sue dita smaltate sulla tastiera digitale del suo smartphone ha dell’incredibile. Ha polpastrelli leggeri, falangi affusolate, la pelle tesa e rosea da adolescente, e nonostante i quindici millimetri abbondanti di unghie perfette, sfiora con sicurezza le lettere del quadro, mozzando le parole di tanto in tanto, come vuole il costume della new generation. Lei è sdraiata sul divano, la schiena appoggiata su una montagna di cuscini, mentre io sono in cucina che la guardo, mentre sbatto delle uova in una ciotola.
– Ti va la frittata?
– Eh?
Non mi ha sentito. È completamente assorbita dalle sue chat multiple. Sorrido, perché la capisco… e forse un giorno capirà anche lei.
– Dicevo, ti va una frittata?
– Si, okay papà…
Com’è che è cresciuta così in fretta? La domanda me la pongo ormai ogni giorno. È una domanda che mi fa sentire sciocco, ma che non posso fare a meno di chiedermi. Un giorno è in camera sua circondata dalle Wings, e il giorno dopo la vedo mano nella mano con Gabriele, il suo primo ragazzo. Tutto regolare, come da copione.
L’uovo sfrigola nella padella… ci ho aggiunto anche delle strisce di prosciutto, poi spolvero un po’ di parmigiano…
– Dai, vieni che è pronta…
Lei si siede davanti a me e tiene ancora in mano il suo telefonino.
– Che ne dici di concederci dieci minuti senza tecnologia, solo noi due e la frittata? – propongo, guardandola con un sorriso.
– Si, aspetta che saluto Gabri… – E si mette a scegliere l’emoticon più adatta; un orsacchiotto pronto all’abbraccio.
Il pranzo del giovedì lo passiamo sempre insieme. Lei esce prima da scuola, il piccolo Samuele fa il tempo pieno ed io ho il mio giorno libero; così vuole la routine, e a me la cosa piace da matti.
– Ti ricordi vero che devi andare a prendere Samuele nel pomeriggio. Mamma è in palestra fino alle cinque…
– Si, certo… tranquillo…
– Beh, lo sai che sono sempre tranquillo…
– Anche troppo direi…
Sorrido, lei sorride, il sole entra con forza dalla finestra e la primavera è a meno di una settimana da noi. Il quadro è praticamente idilliaco…
– Senti, ma te e mamma… insomma… quando vi siete accorti di essere innamorati?
La domanda è inaspettata, ma da un po’ di tempo non ho più bisogno di pensare alle giuste risposte. Mi vengono alla bocca da sole. Dev’essere per via della quiete…
– Beh, quasi subito… un paio di settimane credo…
– Ah… e quindi sapevate già che eravate fatti l’una per l’altra…
– Oh, certamente… lo credevamo con tutti noi stessi…
– Davvero?
– Certo… ma avevamo torto, ovviamente.
Lei mi guarda arricciando le sopracciglia. Crede che stia scherzando, ma io sorrido sornione… la voglio prendere al l’amo questa volta.
– Che vuoi dire?
– Vedi, bisogna fare una bella distinzione tra l’innamoramento e il vero amore. In realtà si trovano agli opposti…
– Ovvero?
– Di solito è proprio quando ti disinnamori di qualcuno che hai la grande opportunità di sapere che cos’è il vero amore. Il passaggio in realtà è quasi obbligato. Prima ti innamori, poi la passione finisce e finalmente vedi l’altro per quello che è in realtà, non più il mezzo per soddisfare i tuoi desideri, ma la persona che è. E amare significa proprio questo: vedere la realtà.
– Non credo di aver capito…
– Ma certo che no… Vedi, si dice che l’amore sia cieco. In realtà è l’innamoramento che è cieco, mentre l’amore ci vede benissimo…
– Ma quando la passione finisce l’amore finisce… non è così?
– No, subentra semplicemente un nuovo desiderio da colmare, e quando lasci che la tua felicità dipenda dal soddisfacimento dei tuoi desideri, questi diventano la tua droga.
– Scusa, ma che c’è di male ad innamorasi? Ad esempio, Gabriele è davvero fantastico, te lo conosci ormai… è simpatico, tranquillo, non si monta la testa come tanti cretini, e poi è un sognatore… te stravedi per i sognatori…
– Lo sai cosa hai appena fatto? Hai illustrato la tua lista per la spesa…
– Cosa?
– Simpatico, tranquillo, umile, sognatore… questa è la tua lista per la spesa. Esci la mattina, vai a scuola, chiacchieri con gli amici, e se trovi qualcuno che soddisfa la tua lista (e magari è anche carino), allora ecco che te ne innamori. Però il tempo passa, le persone cambiano, ma soprattutto i desideri, ovvero le liste per la spesa, cambiano, e dopo un po’ vedi quella persona che credevi Mister Perfect per quello che è in realtà. E quello è il vero amore.
– Quindi secondo te per amare realmente Gabri dovrei disinnamorarmi?
– Beh, più o meno…
Lei mi guarda con due occhioni carichi di mascara. So esattamente cosa sta pensando: “papà, smettila di dire cavolate!!!” Allora sorrido e le dico: – Finisci la frittata e non ci pensare. Ne avrai di tempo per capire…

IDENTITÀ

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Ho scoperto chi era.
Le mani sul collo per allentare la tensione, coi polpastrelli cerco di praticarmi un massaggio rilassante, mi aiuto chiudendo gli occhi, respirando lentamente. La rivelazione mi ha accelerato il battito, innescando la solita aritmia. Tum, tu-tum, tum, tum…
Il problema è l’identificazione. Non sappiamo chi siamo, cosa siamo, ma proiettiamo un’immagine che ci rappresenta, e poco importa se questa si rivela infelice; ciò che conta è sapere che esistiamo. Muoviamo marionette credendo di essere fatti di legnetti snodabili, stracci e una testa di polistirolo pressato. Non ci chiediamo a chi appartengono le mani che muovono i nostri fili. È lì che si cela l’inganno della falsa identificazione.
Perciò viviamo l’ennesima pantomima chiamata Amore, seguendo gli schemi mentali disegnati da una canzone estiva, e dormiamo in falsa sintonia con l’interpretazione di lei, osservandola senza vederla. Anche lei non riesce a vedere, ovviamente, perché nella relazione di coppia si dorme sempre in due…
È solo grazie al brusco risveglio che le cose acquistano i loro veri contorni. In uno stato di morte apparente, ci è ancora concesso di sollevarci sopra i corpi assopiti, seguendo i fili delle marionette. È così che ho scoperto chi era l’uomo che mi rappresentava, il burattino che saltava e danzava sul palcoscenico di questo bizzarro teatrino che ingenuamente continuiamo a chiamare realtà.
Ancora oggi lo osservo da una postazione privilegiata, lo spettatore attento che assapora le immagini di uno sceneggiato: lo spettatore gode della storia, si lascia cullare da stati emotivi distaccati, cocktail leggeri da sorseggiare piano, e quando le luci si accendono e passano i titoli di coda, ritorna ad essere lui. La recita a cui la sua proiezione mentale ha preso parte non lo ho scalfito minimamente.
E ho finalmente scoperto chi era l’altro Me; l’insoddisfatto, l’insicuro, la vittima, l’annoiato, il sofferente, il depresso… il protagonista dell’ultimo blockbuster nel quale usavo riconoscere la mia vita.

IL BOSCO DEI SUICIDI

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di GM Willo

La casa dove sono nato distava meno di un chilometro dalle propaggini della vecchia foresta, quella che si arrampica sulla montagna e che i nonni dicevano che era stregata, ma da bambino ci andavo regolarmente con gli amici nelle giornate torride di luglio, perché anche se appena una manciata di passi dopo l’ultima zona asfaltata diventava subito fitta e contorta, quello erano l’unico luogo in cui ci si poteva rinfrescare un po’. Noi ragazzetti non ci addentravamo mai abbastanza da perdere di vista la strada, ma lo starci dentro anche solo ai margini ci dava i brividi che cercavamo. Respiravamo l’odore del muschio, dell’humus e di qualche antica magia che era penetrata nella terra, come le radici degli alberi centenari che la abitavano. La vecchia foresta, è così che si chiamava allora, come nei libri di favole e nelle storie dei cartoni animati, anche se gli adulti quando dovevano nominarla omettevano sempre l’aggettivo, per non sembrare strambi, o superstiziosi, perciò solo gli anziani e i bambini la chiamavano così. Oggi quel nome senza storia, banale epiteto coniato dal popolo, è stato scalzato da un appellativo molto più accattivante, che ogni anno richiama migliaia di turisti dai macabri gusti. Leggi il resto di questa voce

UN BRUTTO SOGNO (Sharing is caring… ma stai attento a cosa mangi!!!)

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di GM Willo

Ieri notte ho fatto un brutto sogno. Succede tutte le volte che mangio una pizza con il salamino piccante e i peperoni, e poi ci aggiungo anche l’olio al peperoncino perché quando la bocca mi prende fuoco mi piace da matti! Gli ingredienti aprono la porta di Oniria, il mondo dei sogni, ma il tema del viaggio ce lo mettono sempre le notizie in prima pagina, e ieri non si è fatto che parlare di pirateria informatica, di leggi repressive e di sistemi per controllare internet. E così, nella semioscurità della mia stanza da letto, ho chiuso gli occhi e i peperoni si sono messi a lavoro… continua a leggere…

IL MIO VECCHIO AMICO CTHULHU (…e l’arte del diario a racconti)

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Anni fa non riuscivo a capire come mai molti scrittori attingessero dalle loro esperienze personali in fase di composizione. Ho sempre pensato “Ma come, hai la possibilità di mandare alla deriva la tua fantasia ed invece preferisci utilizzare la realtà come base per le tue storie..?” Oggi invece ogni racconto che scrivo nasce inevitabilmente da qualcosa che ho provato, vissuto, visto, sentito o anche semplicemente letto, questo non solo perché le esperienze vissute facilitano la descrizione delle scene e di conseguenza la composizione, ma anche perché diventano in questo modo più mie, non solo in quanto da me scritte ma anche perché in parte vissute. Così, quando mi metto a rileggere i miei racconti, è un po’ come se leggessi il mio diario. Leggi il resto di questa voce

I DIECI ERRORI PIÙ COMUNI DEL DUNGEON MASTER

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1. Dimenticare i nomi

Quelli dei personaggi giocanti e dei PNG, anche di quelli minori. Sembrerebbe superfluo doversi ricordare il nome di ogni singolo personaggio in gioco ma se si desidera rendere l’avventura più realistica è importante che tutti i protagonisti abbiano un nome. Annotateli su un foglio e non vi fate cogliere in errore dai giocatori. I generatori di nomi online possono essere di grande aiuto… continua a leggere…

INTERVISTA PER POCHI…

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Questa intervista, fatta per un blog satellite e mai pubblicata, racchiude in poche parole tutte le ragioni e le idee dietro Rivoluzione Creativa e gli altri progetti che porto avanti online. Per questo motivo la propongo oggi sulla pagina ufficiale di RC e gli altri miei blog. Buona lettura!

1. Chi é GM Willo?

Non posso definirmi davvero uno scrittore. Come dice Baricco, lo scrittore ha quella rara capacità di “portare a casa le parole”, ovvero riesce a metterle tutte al posto giusto. Io non ne sono capace. Ci provo ormai da diversi anni, ma credo di averne ancora di strada da fare. Questo non vuol dire che non ci riuscirò mai, ovviamente… Mi piace più definirmi un raccontastorie, un inventore di mondi, insomma un menestrello… e dato che il mio palcoscenico è quello della rete, l’appellativo di Menestrello Virtuale mi sembra calzi a pennello… continua a leggere…

UN ULTIMO SALUTO AD ARRIGONI DA UN MODESTO SOSTENITORE

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Ho volutamente fatto passare un po’ di tempo prima di scrivere queste due righe. In realtà ancora adesso non so perché le scrivo… forse perché ne sento il bisogno, e quando si sente il bisogno di fare certe cose, non si sbaglia mai.

Ho iniziato a seguire il blog di Arrigoni un annetto fa, ma solo ultimamente mi sono interessato da vicino al suo impegno in Palestina. Da circa un mese ricevevo regolarmente gli aggiornamenti della sua pagina su Facebook, un flusso inesauribile di notizie scomode dalla striscia di Gaza, un diario fatto sempre di parole tristi ma pacate, che riuscivano a trasmettere la rabbia per le ingiustizie perpetrate ma mai l’odio. Era questa la cosa che mi ha impressionato fin dall’inizio di questo ragazzo che non ho mai conosciuto ma che, seguendolo, mi è sembrato quasi di conoscerlo… continua a leggere…

FATE COSTRUIRE I PNG AI VOSTRI GIOCATORI

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Spulciando tra i blog americani dedicati al gioco di ruolo, mi è saltato all’occhio l’articolo di “Ironclad Penguin” in cui consiglia ai Master di far creare alcuni PNG ai giocatori. Come afferma lui stesso all’inizio del pezzo, potrebbe sembrare strano tutto ciò, dato che se i giocatori conoscono in anticipo i PNG, si rischia di perdere il mistero dell’avventura e anche un po’ il senso del gioco. Ma Penguin non suggerisce di creare delle schede con tanto di abilità e poteri, solo dei background di personaggi che hanno qualcosa a che fare con i PG dei giocatori… continua a leggere…

RESUCITARE O NON FAR MORIRE?

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Almeno che non si giochi un personaggio del Richiamo di Cthulhu o di Paranoia, è normale che ci si affezioni alla propria scheda. La creazione di un PG è un vero e proprio travaglio, non solo per la scelta della professione e della razza, ma per tutta una serie di dettagli che rendono il nostro eroe unico. Il Master sa che non può eliminare dal gioco un personaggio con troppa leggerezza, e per questo motivo usa degli stratagemmi per evitare di deludere i suoi giocatori e non doverli costringere a ripartire da zero… continua a leggere…

COLPISCINE UNO PER IGNORARNE CENTO

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Non so voi, ma io non ne posso più di leggere del Bilosco e delle troie. Non per sdegno, ma perché ormai sembra diventato l’hobby più in voga degli italiani, o almeno di una fetta di questi. Un hobby completamente inutile… continua a leggere

CREATURE INCAPACI DI DIRE “NO”

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Sono esterrefatto. Davvero, non riesco a credere ai miei occhi. Eppure questi miei occhi hanno visto cose che voi umani… non pensate male, questa frase l’ho coniata molto prima del film di Ridley Scott. Non dimenticatevi che sono svariati secoli che sono a giro, io…

Comunque, vi stavo dicendo che non riesco a credere che, nonostante tutto quello che è stato detto, mostrato, fatto, voi umani continuiate a spingere a tavoletta sull’acceleratore. Lo sapete vero dove vi condurrà questa corsa sfrenata, no? Malgrado ciò, fate finta di nulla e andate avanti… Sfornate neonati come conigli, rosicchiando briciole del loro futuro. Come lo immaginate questo vostro mondo tra venti anni, o tra quaranta?
Che importa, si vive adesso, e poi le cose cambieranno, certo… si sistemeranno da sole… continua a leggere

MA NON SI DOVEVA GIOCARE?

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La serata è una di quelle dei fine settimana autunnali, troppo fredda per rimanersene sui motorini a chiacchierare, troppo lunga per sgommare e prendere la via di casa. L’intenzione è quella di giocare al vecchio D&D, un’avventura improvvisata del solito Master, che come un prestidigitatore è capace come pochi di estrarre dal suo cilindro una confezione gran formato di emozioni all’ultimo tiro di dado. Tutti sono d’accordo, ma ancora nessuno ha tirato fuori i dadi e le schede. Si rimane sulle sedie, coi giubbotti addosso perché nella cantinetta adibita a sala gioco fa un po’ freddo, e con le birre rigorosamente in mano… continua a leggere…

CIBO PAZZO

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Florian rimase ad osservare il via vai del centro attraverso il vetro antiproiettile del ristorante, asciugando con gesti automatici i calici da vino bianco. Gli ultimi clienti, impellicciati e ingioiellati, lasciavano i tavoli per scomparire cinguettando nell’ascensore che li avrebbe portati nel garage-bunker del palazzo.
Florian si domandò che cosa facessero in quell’istante i suoi ex-compagni di scuola. Lui aveva lasciato al secondo anno e si era ritrovato a lavare i piatti in un ristorante, mentre gli altri puntavano alla carriera. Ma le scatolette e i fastfood avevano atrofizzato i loro cervelli…
Adesso vagavano senza meta insieme ai pazzi della strada.

101 Parole

L’INDUSTRIA DEL DISCO È IN CRISI… ANZI NO!

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L’industria discografica è in crisi, una notizia che non è più notizia. Ma quando è stata l’ultima volta che l’industria discografica si è tappata la bocca ed ha smesso di lamentarsi, mi chiedo. Fin dai tempi delle musicassette le multinazionali del disco hanno gridato alla crisi dando sempre la colpa alle nuove tecnologie. Sono passati più di dieci anni da Napster e non si arrendano. Mi domando allora, come mai continuano a combattere una battaglia persa, cioè quella della lotta alla pirateria informatica. Proverò a rispondere seguendo un filo logico tutto mio e senza pretese… continua…

WAR ON TERROR: Il Fascino e i Limiti di un Gioco da Tavolo

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Ieri ho giocato per ben cinque ore a War of Terror, un boardgame uscito nel 2006 e divenuto subito estremamente popolare tra i gamers londinesi. La sua affilata ironia e il suo agghiacciante realismo lasciano completamente spiazzati. Anche chi non ama particolarmente i boardgames, non può non rimanere affascinato da questo gioco… continua…

SMETTETELA DI CREDERE

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Avete visto che sono tornato… Non mi aspettavate cosi presto, vero? Il fatto è che siamo vicini alle feste, e come tutti quanti cerco di essere più buono (anche se bisognerebbe essere più cattivi). Ma non sono qui per illuminarvi il cammino, badate bene. Al limite getterò qualche nuova ombra sulle vostre certezze. Ma non disperate. Vivere nel dubbio è la chiave per ascendere agli inferi. Avete inteso bene, piccoli umani. Gli inferi potrebbero trovarsi più in alto di quanto pensiate, e questo potrebbe voler dire solo una cosa: che siete caduti davvero in basso!… continua…

UN PROBLEMA DI MEMORIA

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Salve, razza umana… ne è passato di tempo dall’ultima volta che sono venuto a trovarvi. Avete sentito la mia mancanza? Pensavate che fossi scomparso una volta per tutte? Ma no, non temete, io ci sono sempre e continuo ad osservarvi. È solo che col tempo i miei interventi sono diventati ripetitivi e ho preferito lasciare passare un po’ di mesi prima di rimettere il dito nella vostra piaga più dolorosa, la vostra più grande maledizione; la memoria… continua a leggere…

THE RIVER OF CONSTANT CHANGE

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Avevo sette anni quando ascoltai per la prima volta Firth of Fifth dei Genesis. Credo che quella canzone abbia condizionato pesantemente i miei gusti musicali, e sono sicuro di non essere stato il solo. Otto anni dopo ricercai quel pezzo, e non fu difficile trovarlo perchè ricordavo benissimo la copertina dell’album che mio fratello usava ascoltare quando ero solo un bambino. Il vinile era andato perduto, forse durante un trasloco, e l’era del CD era appena arrivata, così usai i miei risparmi per cercare di fare capo a quella melodia che mi era rimasta così innocentemente nel cuore, cercando di ritrovare la scala dell’assolo di Hackett. A quindici anni riascoltai Selling England by the Pound e mi innamorai dei Genesis… continua…