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UN NUOVO VIAGGIO

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Winthrop Petropoulos giaceva inanime in una branda poco pulita di uno dei tanti sotterranei dello Sprawl, capace appena di aggrapparsi ai suoi sensi primari, vista, udito ed olfatto, e forse ne avrebbe anche fatto volentieri a meno. Un neon sporco e sfarfallante gli solleticava la retina, l’aria era pregna di un odore acre e rivoltevole mentre in lontananza si udivano i gorgoglii di vecchie tubature, interrotte a volte dagli attacchi di tosse del suo unico compagno di stanza, un mutante con un arto biomeccanico le cui giunture, a giudicare dalla puzza, erano andate in cancrena. Riuscì con uno sforzo a chiedersi quanta parte del suo cervello fosse stata arrostita durante quel bad-trip che lo aveva portato a un passo dalla morte. Fortuna (o sfortuna, ancora non poteva dirlo) che Regina Al-Asadi, conosciuta in città col soprannome di Megera, era in debito con lui. Devono essere stati i suoi cyber-infermieri senza anima ad averlo raccattato ai piedi della  console, nell’appartamento in Emerald Street, per poi trasportarlo nella tana della Signora Frankenstein. Non poteva certo dirsi in buone mani, considerando la reputazione di Regina, ma nello Sprawl non si guarda mai in bocca a caval donato. E se alla fine fosse diventato uno scherzo della natura, vittima di uno tanti esperimenti biomeccanici della dottoressa araba, poteva biasimare solo se stesso. El Nino gliel’aveva detto di non entrare in quei server… e se lo diceva lui, che era in combutta con il gran maestro in persona, tale Terrence Haga, allora c’era da fidarsi. Invece Winthrop aveva fatto di testa sua e ci aveva rimesso un bella fetta del suo sistema neurale. E così poteva dire addio alla sua carriera di netrunner, questo era poco ma sicuro…
Nel frattempo l’astinenza già si faceva sentire. Oh come avrebbe voluto fare un salto nel vortice Olympus, riconnettersi ai suoi server preferiti, sentire le carezze suadenti delle bath-chat, farsi cullare delle onde di Venere e sdoppiarsi per riapparire in forme sempre nuove. Non avrebbe più gustato quel retrogusto inimitabile delle spinte cerebrali, i confetti-software dove solleticare ogni più piccola diramazione neurale. Forse era meglio morire, dopotutto… e senza quasi accorgersene incominciò a singhiozzare, mentre rivoli di lacrime incominciavano a bagnargli il cuscino.
– Stai piangendo?
Era la voce del mutante, graffiante e sintetica, probabilmente alterata da una protesi.
– Non ti riguarda… – rispose Winthrop, provando ad asciugarsi il volto ed accorgendosi di essere paralizzato dal collo in giù.
– Che ti è successo?
Il traveller non era dell’umore giusto per una conversazione, ma riflettendoci bene non è che lo fosse mai stato negli ultimi dieci anni. Evitava di proposito qualsiasi contatto umano, esperienze che reputava terribilmente noiose in confronto ai suoi incontri virtuali. Ma quella vita era ormai chiusa, finita… doveva guardare avanti, anche se forse non sarebbe mai uscito vivo dalla clinica di Regina Al-Asadi. Eppure…
– Bad trip… cerbiatto vociato… – Ovviamente erano andate a farsi friggere anche le connessioni con l’area del Broca. Tirò un sospiro, controllò la rabbia e riprovò a parlare: – Cervello bruciato…
– Brutt’affare fratello…
– Si… e tu?
– Beh, la mutazione ha mandato in malora alcuni organi e ha causato il rigetto dell’arto meccanico. Non credo che Regina riuscirà a farci molto, però sai com’è lei… è sempre piena di belle speranze e di nuove idee… – e incominciò a ridere, ma la risata si trasformò in un brutto attacco di tosse.
– Mi dispiace molto… lo so che può sembrare patetico, ma senza i miei innesti la mia vita non ha più senso. Forse era meglio se mi lasciavano morire…
– Ti manca molto?
– Non puoi sapere quanto…
– Beh, potrei immergermi e poi raccontarti che succede… Regina mi ha concesso la connessione, una piccola distrazione da degenza ospedaliera di lusso…
– Stai scherzando?
– Niente affatto… ci vediamo tra poco, fratello…
Da quel giorno il mutante fece regolarmente le sue immersioni nella matrice, e al termine di queste, raccontava al suo compagno di stanza le ultime novità dalla rete, le meraviglie a cui aveva assistito, soffermandosi su quelle sensazioni che Winthrop neanche più riusciva a percepire. Usando definizioni che evocavano con rimarchevole precisione le esperienze del viaggio, il mutante scolpiva nell’immaginazione del traveller ciò che a quest’ultimo sembrava irrimediabilmente perduto per sempre. E lentamente la speranza di una nuova vita, anche se priva di quegli innesti che a lui sembravano indispensabili, incominciò a crescere nel suo cuore, mentre pian piano riprendeva possesso della sua attività motoria.
Una mattina una coppia di infermieri dagli occhi di ghiaccio entrarono nella stanza per staccare le macchine che tenevano in vita il mutante. Durante la notte, in silenzio e quasi inaspettatamente, il suo nuovo amico se n’era andato. Winthrop provò una sensazione di vuoto nel petto.
– Com’è successo? Ieri sera stava bene. Mi ha raccontato la sua ultima immersione, mi ha portato i messaggi del mio amico El Nino, e poi mi ha parlato per un’ora del nuovo gioco della Sasaki. Dev’essere davvero una bomba…
Gli infermieri lo guardarono con la solita aria passiva.
– Impossibile. I pazienti di questo reparto sono tutti disconnessi.
Winthrop strabuzzò gli occhi… – Allora deve essersi connesso in wireless…
– Impossibile. Il segnale qui non arriva. Siamo troppo in basso, e poi il paziente non aveva neanche gli innesti. Vi stava prendendo in giro…
Ma questo Winthrop non lo credeva affatto, perchè senza quei racconti non avrebbe mai trovato la speranza per andare avanti.

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Raccontastorie, Narraleggende, Inventore di mondi, scrittore, fotografo, padre, blogger e giocatore di ruolo http://www.willoworld.net/

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